sabato 6 aprile 2013

Mostra Il Funambolo: i finalisti!

Ecco i finalisti -in ordine casuale- della II edizione del Concorso Fotografico RiScatti - Il Funambolo (Viaggio nella Precarietà)


Maura Ghiselli
The World Over #1
" I felt like crying but nothing came out. It was just a sort of sad sickness, sick sad, when you can’t feel any worse.
I think you know it.
I think everybody knows it now and then. But I think I have known it pretty often, too often"
(da Storie di Ordinaria Follia di C. Bukowsky)

Cristina Dei Poli
Promesse politiche e incertezza sul futuro. Manifestazione anti-Obama a Boston
(Ottobre 2010)
Questa foto raffigura un gruppo di giovani che protesta contro le promesse non mantenute di Barack Obama, in visita a Boston, circa dei finanziamenti da stanziare per combattere la piaga dell'AIDS a livello globale. L'animata contestazione dei ragazzi rimanda alla sfiducia verso i politici che caratterizza i nostri giorni, in cui l'incertezza e il senso di precarietà derivano anche dal sentimento di non poterci fidare di chi ci governa, che spesso ci abbaglia con slogan allettanti, salvo poi dimenticarsi di noi appena salito al potere.

Lisa Pellegrini
PASS(a/e)GGIO
Nulla è più precario di un'orma impressa nella sabbia, che vento, acqua e tempo cancelleranno via. Nulla è più eterno di un amore fedele ed incondizionato: quello tra l'uomo e il suo compagno di passeggio.

Francesca Tiziana Federico
Appassionatamente sopravvivere
La foto ritrae un particolare momento di quotidianità nella città di Milano. Passione, povertà e indifferenza si intrecciano in questo scatto, che vuole rappresentare il paradosso tra chi vive la propria vita di corsa, superficialmente (vedi donna sullo sfondo) e chi, invece, nella povertà e nella
solitudine continua ad esprimere passione e dignità.

Cristina Annunziata Geretto
poi a reggere il futuro, solo mollette
Ho pensato a questa fotografia per il concorso perchè ricordo che nel momento in cui l'ho scattata, rimasi particolarmente affascinata dalla semplice precarietà del tutto. Fiumi di mollette a reggere fiumi di panni, ognuno con il proprio colore e forma, ognuno senza un senso ben preciso: panni stesi ad asciugare ad un sole inesistente, in un vicolo buio ed umido. Il sole c'era, stranamente, in quella Venezia autunnale, ma si poteva intravedere solo alla fine e all'inizio del vicolo. Un bambino solo. Adulti in lontananza, distanti. Tutto il resto immobile, come da copione. Nemmeno il tempo sembrava curarsi di tutto ciò che avveniva in quella strada. Così io, passante casuale, rimasi stupita e colpita. Era tutto così fragile, tutto così silenzioso, tutto immerso in una solitudine perfetta. Questa foto è forse la sintesi del mio pensiero. E' così che vedo il mondo dei precari, che siano studenti, lavoratori, o in generale persone che hanno sempre vissuto in queste circostanze sfortunate: vedo la solitudine, vedo il silenzio, vedo la fragilità. Tutto appeso ad un filo invisibile, retto da tante, vecchie mollette che nemmeno ce la fanno più, forse, a sostenere il peso. Vedo il silenzio, l'immobilità. Vedo tutta questa gente appesa, intenta ad asciugarsi ad un sole che non c'è, a farsi trasportare dal vento di turno. Vedo qualcuno più fortunato, distante, disinteressato. E vedo i bambini, una volta lo ero anche io e della precarietà non ne sapevo niente, chissà loro, verso quale futuro s'incammineranno.

Martina Faccia
L'altalena
Sognare l'altalena denota uno stato di precarietà, l'opera sottolinea paure attraverso sogni di giovani che vedono un futuro non stabile.

Michele Costagliola Di Fiore
vitto garantito... per oggi
Il cibo diviene priorità necessaria alla sopravvivenza in qualsiasi luogo e modo l'immagine proposta è essa stessa una traccia (visibile), ma ne coesiste una parallela (da immaginare): le motivazioni ed il lungo viaggio che la persona fotografata ha fatto per ritrovarsi a due passi da villa borghese e piazza del popolo a Roma e mangiare così in un giorno qualunque

Roberto D’Antoni
Vivere a Venezia

Deborah Rossetto
Train
L'opera rappresenta il senso di instabilità del presente e del futuro precario. La sensazione di insicurezza e il senso di impotenza rappresentati nello sdoppio del volto e nell'instabilità della figura.

Manuele  Malacarne
Funambolismo a progetto
Funambolismo a Progetto vuole esprimere la situazione spesso taciuta dei tantissimi lavoratori a progetto. I quali penalizzati dalla gerontocrazia italiana sempre più vicina alla politica Videliana dell'Argentina di fine anni '70 inizio anni '80 si ritrovano per 600 euro al mese e con la negazione di ogni diritto civile e umano a fare i salti mortali per lavorare al posto di chi in Italia è straviziato ed iperprotetto dal CCNL5 e finisce per prendere 2000 euro al mese per non lavorare. In questa situazione il funambolismo è pane quotidiano. AVVISO A CHI HA SUPERATO GLI "ANTA": PROVATECI VOI A CAMPARE COSI'!!!!

Elisa Trombetta
L'apparenza non inganna
L'instabilità contamina i confini delle varie fasi della vita , ma l' instabilità può anche divenire solo un ricordo se si guarda la vita (l'opera) dalla giusta prospettiva

Silvia Bagnulo
Andare avanti
Siamo in un'epoca in cui l'unica certezza che abbiamo è l'incertezza, la precarietà appunto. Viviamo con la consapevolezza che tutto è in continua trasformazione: posizioni, luoghi, relazioni.
Abbiamo fatto della precarietà il nostro concetto di stabilità. Siamo in una condizione in cui se si è troppo stabili ci si annoia e allora andiamo per il dinamismo e il cambiamento, la trasformazione. Ma tutto ciò che si trasforma non è detto che si evolva. E a quel punto ci ricordiamo del rischio e temiamo che quella sola folata di vento possa buttarci nel vuoto e farci brancolare nello spazio e nel tempo. Che si abbia il coraggio di percorrere senza annoiarsi, senza aspirare forzatamente alla novità. Che si viva, semplicemente. La foto è esplicativa di incertezza, rischio, e del timore di quella folata di vento che può buttarci nel vuoto o spingerci un po' più in là.

Angelica Gallo
Diversamente Uguale
Il tema della foto è il riscatto, dunque il mettere in evidenza ciò che nella quotidianità spesso si dimentica. L'immagine che propongo è appunto quella di valorizzare un'azione comune, come può essere il "parlare", fatta da due donne emigranti. La precarietà della vita nella nuova città in questo caso unisce le due donne che si ritrovano ad una stazione ad aspettare un treno che le porti lontano dal luogo d'origine; è in questo continuo fluire della vita che l'integrazione rimane un problema ancora molto discusso al mondo d'oggi.

Gloria Sartorio
Contro un precariato immaginato come nuova classe universale
Un viaggio anche nel tempo, lavoratori in fabbriche della precarietà in una protesta stile anni settanta.

Gloria Di Francescantonio
Il mestiere (di vivere)
La vita è di per sé un mestiere. Un mestiere bello pesante da condurre. Si nasce senza sapere quale sarà la propria meta, e inconsapevoli si percorre una strada verso certezze che si rivelano precarie. Una casa da esibire, una bella macchina da portare a emblema del proprio benessere economico, i soldi, soldi, soldi. I soldi. Ma io suggerisco: inseguite i vostri sogni e abbiate un pensiero divergente da quello comune che porta soltanto all'arricchimento. Vivete come non potete fare altrimenti. Siate consapevoli d'inseguire un sogno. Il resto è relativo. Non abbiate paura di perdere. Fra la strada che percorrete e la meta non c'è differenza, perché la strada è già la meta che desiderate raggiungere.

Valentina Di Sante
L'insostenibile leggerezza
Ci si sente come piume in balia del vento,nell'attesa di esser spostati senza sapere bene quale sia la direzione.

Valentina Gaia Pacheco
-Solo con una spalla-
Nel mondo di oggi se ti fermi a pensare ti accorgi che devi per forza continuare a muoverti, altrimenti fermandoti rischi di non rimanere in equilibrio. Mentre invece si è alla ricerca dell’equilibrio e della stabilità. Sempre. Come quando vedi un’artista di strada appoggiato solo con una spalla, che rischia di cadere . Lui si è creato un personaggio, lo ha tirato fuori dalla fantasia. Ma quanto dista questa fantasia dalla realtà? Se ci riflettiamo quel personaggio è il nostro più probabile futuro. O peggio ancora, la nostra attualità.

Daniele Boschetti
Sosteniamo l'edilizia

Juri Merolli
Il girone dei laureandi
La foto rappresenta le numerose scale che tutti gli studenti ogni giorno salgono e scendo per andare a lezione, una sorta di girone dantesco frequentato da matricole sperdute, veterani dell'università che conoscono ogni anfratto dove fumarsi una sigaretta o scambiarsi baci appassionati, piccioni che si perdono nei condotti dell'aria e vengono a morire sulle nostre scale, nelle giornate di primavera con un po di fortuna si possono sentire cinguettare gli uccellini anche loro intrappolati negli aspiratori, e nelle piovose giornali invernali tra gocciolamenti dal tetto e fiumiciattoli che scorrono non è difficile imbattersi in ragazzi scivolati sul freddo e bagnato marmo delle nostre amate e odiate scale...

Paolo Costanzi
Lavorare appesi a un filo, ma “Con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole” (cit. Ennio Flaiano)

Sergio Aleardi
Gli occhi dei giovani
Con questa foto ho inteso creare qualcosa di originale, ben inteso non per eccentricità, ma bensì per autenticità. Qualcosa che potesse raffigurare la condizione di precarietà e lo stato di frustrazione che pervadono i giovani di oggi. Un'immagine che da subito evidenziasse ciò che di poco nitido preserva il futuro ai giovani. Il vetro opaco rappresenta la negazione del futuro, ma la ragazza dietro il vetro non alza le braccia in segno di resa, bensì per protesta e speranza.

Andrea Pazzaglia
Esiste un futuro?
Camminiamo, creiamo passo dopo passo la nostra vita, con niente in mano, niente attorno, solo i sentimenti ci tengono uniti e ci fanno "sopravvivere". Insieme due amici (come nella mia fotografia), che ogni giorno combattono per avere qualcosa di meglio o forse no, rassegnati, il periodo non è dei migliori, anzi forse è dei peggiori.
Alla fine del tunnel però, esiste un futuro?

Patrizia Ragno
Fuga dalla precarietà
Con questo scatto ho scelto appositamente l'italiano medio 40enne precario che cerca, con tutta la sua rabbia e la sua disperazione, di poter uscire da questa situazione, mirando a qualcosa di nuovo, con l'obiettivo di spaccare letteralmente tutto quello che nella sua vita vi è di precario, rappresentato appunto da una rete rotta. Un segno di speranza per quelle persone che non più giovanissime si son trovate o che sfortunatamente si troveranno ad affrontare una disoccupazione o un lavoro precario con i disagi che questi portano. Un voler "scrollare" l'animo dei disillusi e che possano, in qualche modo, risvegliare quella voglia di riscatto.

Lorenzo Angelozzi
Un mestiere da portare avanti
Precarietà. Ho 22 anni e mi sento appeso ad un filo tutti i giorni (magari anche perché sono un alpinista). Guardo i miei amici, guardo gli amici dei miei amici e li vedo appesi. Innumerevoli e sconosciuti giovani sono appesi come me. Poi un giorno mi imbatto in un ferraiolo, ha tre volte la mia età ma la stessa grinta e precisione. L'artigiano è sommerso dalla concorrenza delle grandi imprese e nonostante non sia un universitario è precario come me/noi. 

Serena Vittorini
Precarietà esistenziale
L'arte di arrivare a fine mese senza inciampare in una crisi di nervi. Il lavoro, l'università, l'affitto, le rate della macchina, l'amore pensato e tradito. Al centro ci sei tu. E tu ti sgretoli se non impari a stare in equilibrio.

Maria Cannavacciuolo
Basta... sognare
Ho scelto questo scatto perchè mi ha dato la sensazione che nonostante non ci siano i mezzi per riuscire a sognare, a portare avanti una passione ci si arrangia con un pò di fantasia ed in questo modo si riesce ancora a sorridere.

Angela Italia Guglielmo
La precarietà aguzza l'ingegno
La precarietà coinvolge tutto e tutti. Questo è quello che può capitare a degli studenti fuori sede. In un momento disperato la mia coinquilina ha avuto questo colpo di genio (chiamiamolo così). Un Paese in cui i giovani sono costretti ad arrangiarsi, a rattoppare la loro vita, a volte cercando anche di illudersi che tutto vada bene. Chissà, forse con il tempo (perdonatemi la pessima battuta) riusciremo a risollevare le nostre vite, nella speranza che questa precarietà dilagante non diventi precarietà dell'anima. Almeno l'anima..teniamola pulita.

Paola Tibaldo
Parlami di quella volta in cui sei andata via
Ho voluto rappresentare come soggetto una donna,poiché già in quanto donna essa porta in grembo il seme di discriminazioni e precariato ( da che la storia ne abbia memoria) molte volte basato solo sul sesso e non sulle reali capacità dell'individuo: infatti nella foto la protagonista,sebbene sia semi nuda, è privata (almeno era mia intenzione ) della propria sensualità ed erotismo,perché troppo spesso la donna è intesa come oggetto, infatti discriminante principale molte volte è il corpo, la bellezza, e secondarie le proprie potenzialità. Ho rappresentato una donna in carriera (infatti notiamo il tacco alto ed i capelli raccolti) ma oramai denudata di ogni suo obiettivo, ridotta in mutande. Donna PRIVATA in qualche modo delle proprie capacità, costretta ad una migrazione (fuori dall'Italia), a scappare da ciò che aveva costruito, con una valigia vuota, non possedendo più nulla. Decide di emigrare in cerca di fortuna (notiamo la valigia degli anni 20, richiamante le grandi emigrazioni degli italiani all'inizio del 1900). Vediamo le scale, il movimento, l'ascesa verso una condizione migliore, un' integrazione, un lavoro, un riscatto. Importante è anche il tema della SINCRONIA PASSATO PRESENTE. Infatti la scelta del bianco e nero è voluta, poiché in tutta la foto si creano dei parallelismi passato-presente (vediamo il tatuaggio,in qualche modo simbolo della nostra generazione, in contrasto con la valigia antica, la biancheria intima antica in contrasto con il tacco): ho voluto creare questo CONTRASTO poiché oggi più che mai stiamo vivendo precariato economico,una crisi sociale,dei costumi,finanziaria molto vicina a quella già vissuta nel mondo nel 1929. Ritroviamo perciò nel presente tracce di passato

Chiara Teodoro
Sopra la povertà, esiste la Vita
Tra le vie di una Milano colma di negozi, di persone frenetiche che correvano senza fermarsi a guardare il mondo, ma intente a guardare le vetrine dei negozi. Un fondo di infelicità nei loro occhi. Lì, in un angolo, ho scorto un sorriso vero, nonostante la morte nel cuore. E ho voluto fermare quell'istante.

Roberta Pia Votano
L'architettura precaria
Con questo scatto si è voluto rappresentare, la precarietà dei luoghi in cui noi studenti studiamo e con i quali siamo a contatto ogni giorno. E' una foto di denuncia rispetto quei luoghi lasciati a se stessi, "appesi" sul sottile filo tra equilibrio e instabilità.

Vi aspettiamo dal 9 al 26 aprile dalle 9.00 alle 19.00 nella Torretta (Aula Magna della Facoltà di Lettere) dell'Università degli Studi G. d'Annunzio di Chieti! 

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